Alessandro Chiadò - Produzione di biopolimeri da siero di latte: influenza dei parametri chimico-fisici e microbiologici

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Fin dall’inizio della loro commercializzazione le plastiche di derivazione sintetica hanno avuto un ruolo crescente nell’economia e nello sviluppo.

La grande stabilità alle diverse condizioni ambientali, nonché alle degradazioni di tipo chimico e microbiologico, di questi materiali le ha rese per decenni la fonte primaria per la produzione di molti manufatti. Queste caratteristiche ne hanno permesso un’ampia gamma di applicazioni, ma allo stesso tempo le hanno rese un problema di tipo ambientale, vista la loro elevata persistenza nei sistemi biologici (biopersistenza): tendono ad essere accumulate negli spazi naturali con una velocità di 25 tonnellate all’anno. Il materiale plastico risulta, inoltre, uno dei componenti principali di imballaggi e oggetti usa-e-getta, e solitamente viene originato dal petrolio, risorsa non rinnovabile. Risultano perciò evidenti i costi in termini monetari ed ambientali portati dall’utilizzo di questi materiali sintetici.

Secondo i dati dell’AMPE (Association of Plastics Manufacturers in Europe) l’Europa occidentale nel 2002 ha prodotto 20.391 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, di cui il 62% è stato smaltito in discarica, il restante 38% è stato riciclato o utilizzato per produrre energia. Al più presto andrebbero perciò prese delle decisioni in merito, così da giungere ad una risoluzione definitiva della questione.

Si possono elencare almeno tre possibili soluzioni al problema dell’accumulo di rifiuti a matrice plastica. Si potrebbero utilizzare materiali più resistenti e durevoli così da permettere il riutilizzo dei manufatti. Una seconda possibilità sicuramente già adottata a livello commerciale consiste nell’aumento di polimeri riciclabili e quindi riutilizzabili seguendo un processo ciclico che prevede un passaggio di raccolta differenziata degli scarti. Purtroppo quest’ultima opportunità non è sempre applicata ed applicabile: molti tipi di rifiuti contenenti polimeri di plastiche tradizionali non sono riciclabili, per motivi tecnici e/o economici. Ad esempio costa di più riciclare i sacchetti di plastica (i cosiddetti shopper), che produrne di nuovi, e in tutto il mondo ogni anno vengono consumati miliardi di sacchetti di plastica.

L’ultima possibilità sembra essere quella di sviluppare materiali nuovi, biodegradabili e possibilmente prodotti a partire da fonti rinnovabili. Tra questi spiccano le bioplastiche, o “plastiche verdi”.

Nel mio lavoro di tesi ho svolto alcune prove sperimentali per la produzione di un biopolimero, utilizzabile come “plastica verde”: risulta possibile sfruttare il metabolismo di alcuni microrganismi, per far loro accumulare riserve di energia sottoforma di composti polimerici, riutilizzabili per altri fini. In particolare, se i nutrienti forniti ai batteri sono particolarmente sbilanciati e ricchi soprattutto di composti energetici come gli zuccheri o i grassi, questi cercheranno di sopravvivere con quel poco che gli viene fornito, prevenendo la possibilità di incappare in lunghi periodi di digiuno attraverso l’accumulo di scorte.

Questo approccio è conosciuto fin dagli anni ’20, e venne sfruttato per la produzione di materiali plastici già negli anni ’80. Sfortunatamente non risulta ad oggi conveniente per gli alti costi delle materie prime utilizzate nell’alimentazione dei batteri, e per i costi di estrazione del polimero finale.

Nel mio lavoro ho cercato di studiare un nuovo processo biotecnologico in grado di utilizzare come nutrimento per i microrganismi uno scarto dell’industria casearia, abitualmente smaltito con dispendio di capitali: il siero di latte.

Dai risultati ottenuti sembra evidente come i microrganismi scelti siano in grado di utilizzare gli zuccheri residui del siero, trasformandoli in gran parte in polimero plastico: uno scarto viene così rivalutato e convertito in un nuovo materiale a minor impatto ambientale. Questo tipo di processo, infatti, potrebbe in parte sopperire ai problemi legati all’uso di plastica tradizionale in quanto il polimero in sé mantiene la biodegradabilità, ed è in grado di essere demolito e assimilato da numerosi microrganismi presenti nell’ambiente, capaci di riutilizzarlo come fonte di nutrienti.

Alessandro Chiadò

Tesi di Laurea Specialistica

Autore: Alessandro Chiadò
E-mail: {emailcloak=off}
Relatore: Francesca Bosco
Università: Università degli Studi di Torino
Facoltà: Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso: Laurea Spec. in Biotecnologie Industriali
Data di Discussione: 11/12/2009
Voto: 110 cum laude
Disciplina: Sviluppo dei processi biotecnologici
Tipo di Tesi: Sperimentale
Altri Relatori:
Lingua: Italiano
Grande Area: Area Scientifica
In Collaborazione con: BIOSEARCH AMBIENTE s.r.l.

Pubblicata in: www.pubblitesi.it

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